PERCHÉ SONO ATEO? LA TESTIMONIANZA DI BRUNO
Perché sono ateo? La testimonianza di Bruno
Lasciatemelo dire da subito con la massima chiarezza: sono ateo per onestà intellettuale e per dignità, non certo per convenienza.
Sarebbe molto più facile per me accettare la scommessa di Pascal, e credere, perché mi conviene, che esista una divinità che ci ama tutti e che, se saremo buoni, ci accoglierà in un meraviglioso luogo privo di ogni sofferenza (a differenza del nostro mondo) dopo la morte.
Sono nato nell’Europa cristiana, nell’Italia clericale e, come gran parte degli italiani, ho ricevuto un’educazione fortemente improntata ai principi del cattolicesimo.
Mi hanno insegnato che il dio ebraico Geova[1] aveva creato il mondo, e in particolare gli esseri umani “a sua immagine e somiglianza”. Che li aveva posti in un luogo paradisiaco, dal quale li aveva poi scacciati per un’azione cattiva da loro commessa, di cui suppongo l’aver colto la mela dall’albero della conoscenza fosse solo un’allegoria (ma non ho mai comunque capito quale fosse questo peccato originale).
Poi, il dio Geova aveva scelto il popolo ebraico come suo preferito tra gli umani (chi l’ha detto? gli Ebrei. Ah però, che strano. Ho abitato in altri paesi del mondo e anche secondo le loro tradizioni questi popoli erano i prescelti dagli dèi). Poi, dopo una lunga relazione durata secoli tra Geova e gli Ebrei, qualcosa s’era incrinato, e il dio aveva inviato il figlio, Gesù, per rifondare il rapporto con il suo popolo prescelto, che però lo aveva fatto uccidere. Ma Gesù, essendo anch’egli un dio, s’era prontamente risvegliato dalla morte e poco dopo era volato in cielo. Da allora il popolo del dio Geova non erano più gli Ebrei, ma i seguaci di Gesù, i Cristiani.
Ora, dopo avervi in poche righe riassunto la “trama” del Cristianesimo potete capire perché non ci credo. Chi potrebbe mai credere a quella che palesemente è una delle migliaia di leggende che gli umani hanno inventato nel corso della loro storia? Se fosse vera una sequela di leggende di tal fatta, potremmo anche rivolgerci all’oracolo di Delfi per avere previsioni sul futuro.
Ho frequentato anche altre religioni. Quando vivevo in Asia ho meditato insieme ai monaci buddhisti in diversi templi e ho studiato la loro religione. Mi hanno insegnato che gli esseri viventi quando muoiono si reincarnano in altri esseri viventi, e può accadere che io finisca per reincarnarmi in un altro essere umano oppure in una mucca, ad esempio. Tutto questo processo di reincarnazione è, a quanto pare, molto faticoso e pieno di sofferenze, ma c’è un modo per liberarsene: sedersi per ore e ore, meglio ancora per giorni, mesi, anni, davanti a un muro, a meditare, per svuotare la mente. Questo, mi hanno assicurato, ci può portare al nirvana, uno stato perfetto di pace e felicità che poi conduce alla fine delle reincarnazioni. Non mi è mai stato chiaro dove si va a finire dopo la morte se ci si è liberati dalle reincarnazioni.
Se il Cristianesimo della mia infanzia e adolescenza mi era apparso come una mera leggenda, il Buddhismo, a cui mi sono avvicinato in età adulta, mi è sembrato altrettanto assurdo, privo di qualsiasi credibilità.
Com’è possibile che donne e uomini che vivono in Paesi moderni e che spesso hanno un livello elevato di istruzione dicano di credere fermamente in antiche storie di questo genere nel 2025? La questione, quindi, non è tanto perché non ci credo io, perché la risposta è ovvia, ma perché ci credano (o dicano di crederci) persone moderne e istruite.
Qualche volta mi capita di parlare con cristiani di queste cose, e vengono fuori reazioni che definire buffe è poco. In generale, se gli chiedo se credono nel cristianesimo, senza aggiungere altro, mi dicono di sì. Se invece gli riassumo la “trama” della narrativa cristiana (vedi sopra), mi rispondono che no, non credono alla storia secondo cui il figlio del dio Geova sia venuto a salvare il popolo ebraico ecc. (trasformando nel frattempo l’acqua in vino, moltiplicando pesci e panini, facendo guarire tetraplegici in pochi secondi ecc). Ma credono in Dio, mi dicono, e Gesù comunque “ha detto tante cose belle”, era “il primo socialista della Storia”, e altre amenità di questo tipo.
Questa è religione à la carte. Si sceglie dal menù solo quello che si vuole, ignorando tutti gli altri aspetti, quelli più assurdi, della religione a cui si afferma di aderire. Queste persone, che credo siano la stragrande maggioranza dei cosiddetti “credenti”, in realtà non credono affatto. Seguono una tradizione, spesso per pigrizia, e perché pensare che lassù ci sia qualcuno che ci ama è più consolatorio che non ammettere che non c’è nessuna prova che ciò sia vero. Sono pseudocredenti “pascaliani”.
Torno a uno dei concetti con cui ho aperto questa riflessione: mi conviene essere ateo? Mi rende più o meno felice che, ad esempio, essere cristiano?
La risposta per me non si pone, come non si può porre la famosa domanda pascaliana. Perché non si può credere in qualcosa di palesemente assurdo solo per sentirsi un po’ meglio. È la mia onestà, la mia dignità di essere umano a impedirmi di credere che mi potrei reincarnare in una zanzara o che c’è un angelo che mi custodisce a ogni passo e che la vergine Maria veglia sull’anima mia.
Come vivo da ateo, se non credo alla vita eterna, se non credo che rivedrò mia madre dopo che moriremo entrambi, se non penso che quando avrò bisogno di un sostegno un dio mi aiuterà?
Anche in questo caso, rispondo con la massima onestà. L’essere umano vive bene quando vive in determinate condizioni. Quando ha salute, benessere psico-sociale e una condizione economica ottimale. Non ha bisogno di dèi. Certo, se si trova in condizioni molto difficili, può essergli utile una speranza metafisica a cui aggrapparsi. Non ho mai condannato nessuno per il fatto che aveva bisogno di sperare in un dio che lo potesse aiutare, specialmente se si trattava di una persona in gravi condizioni di difficoltà. Ma una persona forte e che vuol vivere una vita all’insegna della dignità e della curiosità intellettuale secondo me non dovrebbe cedere alla tentazione di appoggiarsi su leggende consolatorie.
La curiosità per tutte le cose del mondo è una delle cose che più mi hanno reso felice nella vita, quindi la penso molto diversamente da Sant’Agostino, che condannava quella che definiva vana curiositas[2]. La realtà, pur con le sue profonde ingiustizie, è estremamente interessante e può riempire la nostra vita così tanto che non c’è più spazio per fantasie, per mondi che non esistono e che inventiamo per addolcire la vita (e che spesso finiscono per renderla peggiore – pensate a tutto il male che nella storia è derivato dalle religioni). La scienza è lo studio della realtà, uno studio serio, che non accetta idee fantasiose e false. È anche una passione che ci accompagna per tutta la vita, che riempie la nostra mente e ci rende migliori.
Amo la vita, quindi. Qualcuno mi ha chiesto se la vita è bella, dalla mia prospettiva di ateo. Gli ho risposto che la vita è bella quando è bella, ed è brutta quando è brutta. Sono realista. Ma siccome, come ha detto Woody Allen in una famosa battuta, è anche vero che “la realtà è come noi decidiamo di distorcerla”, vale a dire che tante situazioni della nostra vita possono essere viste da diversi punti di vista, quello che ho scelto io è un punto di vista improntato ad un ottimismo ragionevole. Il pessimismo ci fa vivere male, e non c’è nessuna garanzia che sia più realistico dell’ottimismo. E poi, quando si vive in una società moderna, che ci offre tante opportunità di vivere una vita degna d’esser vissuta, ci sono buone ragioni per essere ottimisti.
[1] utilizzo la forma toscana, quindi italiana, di nomi ebraici come YHWH (Jahweh, Geova) o Yehoshua (Gesù).
[2] Cfr. ad es. https://www.treccani.it/enciclopedia/un-accusa-di-lunga-durata-la-vana-curiositas_(Storia-della-civiltà-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/